La storia
La Cascata delle Marmore è una cascata con portata controllata, è tra le più alte dei paesi europei, il suo dislivello totale è di m 165, suddiviso in tre salti. Si trova a circa 8 km di distanza dalla città di Terni, quasi alla fine della Valnerina, dove scorre il fiume Nera. Il nome deriva dai componenti salini presenti sulle rocce che sono simili a marmo bianco, il Travertino.
Quindi alle origini della cascata c’è una reazione chimica, la precipitazione dei bicarbonati di Calcio presenti in alta concentrazione nelle acque del fiume Velino, questi precipitando rapidamente inglobano piccoli animali e piante acquatiche formando rapidamente delle vere barriere che si oppongono allo scorrimento delle acque
L’energia potenziale delle acque del fiume Velino in alto, vengono durante la caduta sfruttate per la produzione di energia elettrica presso la centrale di Galleto costruita nel 1929 ha una potenza a pieno regime di 530 MW. Ne deriva che le acque che alimentano la cascata sono a portata molto variabile, per il turismo viene ad avere la massima portata in orari ben precisi al termine dei quali si riduce drasticamente la portata minima è adeguata a conservare flora e fauna presenti . Il Lago di Piediluco serve come bacino di accumulo.
La cascata è formata dal fiume Velino che, in prossimità della frazione di Marmore (376 m c.ca s.l.m., 802 abitanti secondo i dati aggiornati), immissario del lago di Piediluco defluendo da questo si tuffa con impeto nella sottostante gola del Nera. Normalmente solo una parte dell’acqua del fiume Velino che ha una portata media 50 m³/s viene deviata verso la cascata, la restante ha scopi industriali per il polo di Terni.
CENNI STORICI
Il fiume Velino percorre e bagna concretamente gran parte dell’altopiano che circonda Rieti dove più a valle si trova naturalmente impedito allo scorrimento dalla presenza di concrezioni calcaree e dall’assenza di un letto adeguato dove scorrere; questa particolare configurazione chimico-geologica ha portato, nel corso delle ere, alla formazione, in quel tratto, di una palude con molti problemi per la salubrità dei luoghi. Nel 271 a.C., il console romano Manio Curio Dentato ordina la realizzazione di un canale il Cavo Curiano per far defluire le acque stagnanti, il canale porterà le acque a defluire con un salto naturale nei pressi di Marmore: da lì, l’acqua precipita direttamente nel fiume Nera, poi affluente del Tevere presso San Liberato.
Tuttavia, la soluzione di questo problema ne creava un altro: nel periodo più piovoso le piene del Velino che ne risultavano, andavano ad ingrossare la già abbondante portata del fiume Nera che minacciava di inondazioni il centro abitato di Terni. Questo fu motivo di contenzioso tra le due città, tanto che nel 54 a.C. si giunse a porre la questione direttamente al Senato Romano: Rieti era rappresentata dal noto Cicerone, Terni da Aulo Pompeo. La causa non portò a nessuna soluzione e le cose rimasero così per alcuni secoli successivi.
Con la caduta dell’Impero romano d’Occidente la manutenzione del canale, la ripulitura dei detriti ed altri materiali cessò, il che portò a una diminuzione del deflusso delle acque e ad un ristabilirsi dell’ impaludamento della piana reatina. Dopo varie peripezie, nel 1422 fu scavato un nuovo canale per ripristinare l’originaria portata del fiume e prese il nome Cavo Reatino o Cavo Gregoriano per l’intervento di Gregorio XII.
Papa Paolo III, nel 1545, diede l’incarico ad Antonio da Sangallo il Giovane di realizzare un altro canale, la Cava Paolina, che però ebbe dopo circa mezzo secolo dei seri problemi strutturali. Si pensò di conseguenza ad ampliare la Cava Curiana e di costruire un ponte regolatore, una specie di valvola che avrebbe consentito di regolare il deflusso delle acque. Quest’opera fu inaugurata nel 1598 da Papa Clemente VIII, che aveva affidato l’incarico progettuale all’architetto romano Giovanni Fontana pertanto il canale prese il nome di Cava Clementina.
Nei due secoli seguenti, l’opera creò molti problemi alla piana sottostante, recando ostacolo al corretto deflusso del Nera e provocando l’allagamenti delle campagne circostanti. Per ordine di Papa Pio VI, nel 1787, l’architetto Andrea Vici realizzò il canale Pio operando nel contempo sui balzi della cascata, dandole l’aspetto odierno e risolvendo pienamente la maggior parte dei problemi.
Nel XIX secolo le acque del fiume Velino cominciarono a essere utilizzate per creare forza motrice presso le nuove Acciaierie di Terni che alimentavano i loro meccanismi sfruttando l’acqua del Cavo Curiano. Negli anni successivi, le sempre abbondanti acque del Velino cominciarono ad essere sfruttate intensamente per la produzione di energia idroelettrica.
Una vista panoramica della cascata si può ammirare dal borgo medievale di Torreorsina, unico paese della Valnerina che consente l’affascinante visione. Fra il 1901 e il 1960 l’amena località era raggiungibile mediante la linea tranvia Terni-Ferentillo, realizzata per agevolare il trasporto delle merci e delle persone lungo la valle e che risultò molto efficace per l’industrializzazione del comprensorio del Nera
VISITATORI ILLUSTRI
Le opere ingegneristiche e la natura che la circonda hanno sempre fatto da richiamato per un gran numero di turisti e visitatori, tanto da realizzare punti di osservazione sicuri e ottimali, la Specola in alto, in basso piazzale Vasi e vari belvedere.
Fra i visitatori più illustri è possibile citare: Plinio, Cicerone alcuni Papi, G. Galilei, V. Alfieri, la Regina Madre di Napoli, Gioacchino Belli, Lord Byron e tanti altri.
Rimbombo di acque! Dalla scoscesa altura il Velino fende il baratro consunto dai flutti. Caduta di acque! Veloce come la luce, la lampeggiante massa spumeggia, scuotendo l’abisso. Inferno di acque! là dove queste urlano e sibilano e ribollono nell’eterna tortura; mentre il sudore della loro immane agonia, spremuto da questo loro Flegetonte abbraccia le nere rocce che circondano l’abisso, disposte con dispietato orrore, e sale in spuma verso il cielo, per ricaderne in un incessante scroscio, che, con la sua inesausta nube di mite pioggia, reca un eterno Aprile al terreno attorno, rendendolo tutto uno smeraldo: – quanto profondo è l’abisso!
E come di roccia in roccia il gigantesco Elemento balza con delirante salto, abbattendo le rupi che, consunte e squarciate dai suoi feroci passi, concedono in abissi uno spaventoso sfogo alla poderosa colonna d’acqua che continua a fluire e sembra piuttosto la sorgente di un giovane mare, divelto dal grembo di montagne dalle doglie di un nuovo mondo, che non soltanto la fonte di fiumi che scorrono fluenti in numerosi meandri attraverso la valle! Volgiti indietro!
Vedi, dove esso si avanza simile ad una Eternità, quasi che dovesse spazzar via tutto ciò che trova sul suo cammino, affascinando l’occhio col terrore impareggiabile cateratta orribilmente bella! ma sul margine, da una parte all’altra, sotto lo scintillante mattino, posa un’iride tra gli infernali gorghi, simile alla Speranza presso un letto di morte, e, inconsunta nelle sue fisse tinte, mentre tutto là attorno è dilaniato dalle acque infuriate, innalza serenamente i suoi fulgidi colori con tutti i loro raggi intatti, e sembra, tra l’orrore della scena, l’Amore che sorveglia la Follia con immutabile aspetto.
Lord Byron